Anello dei Gonzaga (o di san Luigi)
Una semplice ciambella? No, no..... in tema di consapevolezza direi che, per prima cosa, dobbiamo partire dal nome.
Si dice infatti che sia stato ispirato dal colletto di pizzo indossato dai nobili nel XVI secolo, in particolare da un principe divenuto santo: San Luigi Gonzaga.
Figlio di Ferrante Gonzaga, marchese di Castiglione delle Stiviere presso Mantova, nacque il 9 marzo 1568, dotato di un'intelligenza brillante e nobiltà d'animo, erede designato al titolo di marchese imperiale.
Di carattere gentile e buono, rifuggiva dalla vita di Corte impregnata di frivolezze, vanità e corruzione. La madre, Marta di Sàntena, contessa piemontese, buona e molto religiosa , lascerà un forte segno nell'educazione del figlio Luigi, che seguirà la sua vocazione non senza ostacoli posti dal dovere di Stato.
Luigi Gonzaga rinuncerà al titolo ed abbraccerà la vita monastica, si unirà alla Compagnia di Gesù nel 1587. Martire della carità per il suo donarsi al prossimo. Suo il motto: "Come gli altri" cioè senza privilegi.
Il 21 giugno 1591 viene ricordato come il giorno della sua nascita al cielo, ed in questa data cade la ricorrenza della festa del Santo. A lui viene anche associato il fiore del giglio, simbolo di purezza, in quanto San Luigi prese la decisione di seguire la vita monastica in giovanissima età ed ebbe il privilegio di ricevere la prima Comunione dalle mani del Cardinal Carlo Borromeo, in visita pastorale a Mantova.
Quindi, come possiamo festeggiare una ricorrenza se non con un dolce? Una ciambella, che ricorda il colletto di pizzo, ma anche rappresentazione di un abbraccio, qualcosa che circonda e protegge. Ingredienti semplici, senza fronzoli, genuini, sinceri, che si rivelano immediatamente in questo dolce delicato, leggero, di pura eleganza. Direi che rispecchia perfettamente il carattere del Santo a cui è dedicato.
Anello dei Gonzaga - ricetta (gluten free)
tutti gli ingredienti devono essere tenuti a temperatura ambiente
300 gr di fecola di patate
150 gr farina di mandorle
3 o 4 mandorle amare pestate nel mortaio
200 gr di burro morbido tenuto a t.a. almeno 1 per ora
200 gr di zucchero
4 uova
1 bustina di lievito naturale (a base di cremor tartaro)
1 pizzico di sale
mandorle a scaglie
per lo stampo:
composto staccatorte fatto in casa: 50 gr di burro-70 ml di olio di girasole o di riso - 50 gr di farina (o farina di riso per intolleranti al glutine). Frullare tutto insieme e conservare in un barattolo chiuso ermeticamente in frigorifero. Conserva per 2 o 3 settimane in frigorifero o in base alla scadenza degli ingredienti.
per guarnire:
spolverata di zucchero a velo
Accendere il forno a 175°.
Separare i tuorli dagli albumi. Montare gli albumi con un pizzico di sale, a neve fermissima e tenere da parte.
Nella planetaria o con un frullino lavorare il burro e lo zucchero ottenendo una crema morbida. Aggiungere un tuorlo alla volta sempre lavorando. Setacciare insieme fecola, farina di mandorle, mandorle amare pestate nel mortaio, lievito ed aggiungere il tutto al composto di uova, burro e zucchero, a poco a poco sempre lavorando con le fruste. Si ottiene un composto un po' sodo, quindi possiamo eventualmente aiutarci con un cucchiaio di legno o spatola. Quando tutti gli ingredienti sono ben amalgamati aggiungere gli albumi montati, a poco a poco, lavorando dal basso verso l'alto con la spatola o cucchiaio di legno.
Con l'aiuto di un pennello da cucina, distribuire uniformemente il composto "staccatorte" in uno stampo da 24 cm, cospargere tutto lo stampo con scaglie di mandorle, ed infine inserire l'impasto livellando leggermente.
Infornare a 175° per 45 minuti (tempi da verificare a secondo delle caratteristiche del forno con la prova stecchino)
Una vera poesia, garantito! Si scioglie letteralmente in bocca.
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